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Cittadinanza, il parere del CGIE sul DDL 2369: pone ostacoli all’esercizio dei diritti degli italiani all’estero

Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero ha espresso il proprio parere formale e obbligatorio in merito al disegno di legge 2369/2025, “Disposizioni per la revisione dei servizi per i cittadini e le imprese all’estero”, attualmente all’esame della Commissione Affari Esteri della Camera, che sul tema il 26 giugno ha audito la segretaria generale del CGIE Maria Chiara Prodi.

Pur con l’obiettivo dichiarato di razionalizzare le procedure e rendere più efficiente il sistema di riconoscimento della cittadinanza, il provvedimento contiene elementi che rischiano di compromettere il pieno esercizio dei diritti da parte degli italiani residenti all’estero. In particolare, l’impianto amministrativo delineato potrebbe generare disfunzioni nel rapporto tra cittadino e Stato, già fortemente segnato dalla gestione non uniforme dei dati anagrafici e dalla digitalizzazione incompleta. Uno dei principali nodi critici evidenziati riguarda la gestione dei dati anagrafici tra Ministero dell’Interno e Ministero degli Affari Esteri, che operano su banche dati separate. La mancata interoperabilità automatica tra Comuni italiani e Consolati all’estero continua a produrre disallineamenti, che il DDL 2369 non sembra affrontare in modo efficace. La centralizzazione a Roma del trattamento delle pratiche di cittadinanza rappresenta un rischio concreto di rallentamento delle procedure e di perdita di competenze maturate dai Consolati. Inoltre, la documentazione cartacea inviata per posta, spesso da Paesi che rilasciano solo certificati digitali, rischia di compromettere l’efficienza e l’affidabilità dell’intero sistema.

Il CGIE sottolinea il valore delle competenze consolidate dagli uffici consolari (verso i quali il Governo sembra non nutrire fiducia) nel trattare la documentazione straniera, difficilmente trasferibili a un organismo centralizzato. La nuova organizzazione rischia quindi di disperdere un patrimonio amministrativo fondamentale, oltre a indebolire la relazione tra cittadini e Stato, già oggi percepita come distante e farraginosa.

L’introduzione di criteri discrezionali e quote non definite per la trattazione delle domande di cui il richiedente non può avere contezza rappresenta inoltre la limitazione di un diritto soggettivo che viene subordinato alla disponibilità di risorse e di personale.

Richiamando il principio costituzionale di sussidiarietà, il CGIE si interroga poi sulla scelta poco lungimirante di non coinvolgere le organizzazioni di rappresentanza intermedia e di erogazione dei servizi all’estero nella riorganizzazione proposta. Chiede inoltre di riesaminare la competenza ministeriale del nuovo sistema, ritenendo più appropriato e coerente l’incardinamento del servizio centralizzato presso il Ministero dell’Interno rispetto all’attuale previsione della collocazione presso il MAECI.

Il CGIE intende vigilare con costanza sul percorso di attuazione della trasformazione amministrativa presentata nel Disegno di Legge; si conferma sempre disponibile al dialogo, nella convinzione che solo attraverso un confronto costruttivo è possibile realizzare una riforma che semplifichi le procedure senza penalizzare i diritti degli italiani nel mondo.

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